Brano 5

IL SENSO ETICO DEL TRACTATUS

Per Engelmann, con cui Wittgenstein discusse il Tractatus più che con chiunque altro avesse scritto fino allora ad attorno ad esso, il nucleo del libro era profondamente etico. Engelmann individuò l'idea fondamentale di Wittgenstein nella separazione dell'etica da qualunque tipo di sostegno intellettuale. L'etica era una faccenda di "fede senza parole"; e gli altri interessi di Wittgenstein erano considerati come derivanti, in modo predominante, da questa nozione fondamentale.

Troviamo quindi un diretto conflitto tra gli scritti ortodossi di lingua inglese, che considerano il Tractatus come un saggio sulla logica e la teoria del linguaggio, e la tradizione, ancora corrente nei circoli intellettuali viennesi, che dà un giudizio molto diverso su quanto Wittgenstein stava facendo. Da quando Bertrand Russell scrisse il suo saggio introduttivo al Tractatus, i filosofi di lingua inglese hanno nella quasi totalità aderito alla tesi che l'interesse predominante del Tractatus fosse insito nei problemi tecnici di logica filosofica e nel rapporto di linguaggio e mondo. Il fatto che Wittgestein inizialmente rifiutasse il saggio introduttivo di Russell come sviante, addirittura al punto di pensare di non far uscire il libro, era stato da loro interpretato come indicativo solo del fatto che Russell aveva travisato alcuni aspetti singoli del lavoro; in pratica, avevano continuato a considerarlo solo un'indagine logica del linguaggio, con certe curiose implicazioni circa i valori. Questa interpretazione aveva guadagnato peso dal fatto che positivisti logici, come Carnap e Hayer, si erano stretti al petto il lavoro e lo avevano trattato come una bibbia empirica.

 Chiunque cerchi di comprendere il Tractatus si trova perciò di fronte a due punti di vista contrastanti intorno al soggetto stesso del libro. Essi possono, per comodità, essere individuati nell'interpretazione "etica" e in quella "logica". Entrambi i punti di vista hanno supporti di tutto rispetto. Entrambi spiegano alcuni aspetti del Tractatus, ma nessuno dei due basta a spiegarlo completamente. La nostra stessa analisi in questo libro mira, una volta di più, a contestare il punto di vista corrente inglese e americano. Dimostreremo che, per capire il libro secondo le intenzioni stesse di Wittgenstein, bisogna accettare la supremazia dell'interpretazione "etica". Indipendentemente da ogni prova indiretta che potremo fornire nei capitoli seguenti, vi sono due ragioni immediate per fare così.

In primo luogo, Wittgenstein stesso si oppose durante la sua vita ad ogni interpretazione data al suo lavoro; e la maggior parte delle interpretazioni successive differiscono solo nei dettagli da quelle pubblicate durante la sua vita. In secondo luogo, la testimonianza di prima mano di Paul Engelmann deve essere considerata più autorevole delle successive deduzioni di coloro che si sono accostati al Tractatus con presupposti e orientamenti "logici". Dopotutto, Engelmann era in stretto contatto con Wittgenstein proprio durante il periodo in cui fu scritto il libro, e i due uomini ebbero frequenti opportunità di discutere il lavoro.

 Il suggerimento più importante di Engelmann sull'interpretazione da dare al Tractatus è che il libro deve essere visto all'interno di un particolare ambiente culturale. Engelmann identifica quest'ambiente con la Vienna in cui Wittgenstein visse fino alla maturità e in particolare con una corrente di quell'ambiente colta in modo straordinario nei lavori di Adolf Loos [...] Uno degli scopi di questo libro è appunto di ampliare ulteriormente l'area d'indagine che Engelmann aveva dischiuso: cioè, la dimensione storica del primo lavoro di Wittgenstein.

[da A.Janik e J.Toulmin, La grande Vienna, Garzanti, Milano 1975, pp.20-23]

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