Brano 6

 

GIOCHI LINGUISTICI E SOMIGLIANZE DI FAMIGLIA

 

 

§ 1, p.9-10

[Nelle parole di Agostino] troviamo, così mi sembra, una determinata immagine della natura del linguaggio umano. E precisamente questa: Le parole del linguaggio denominano oggetti - le proposizioni sono connessioni di tali denominazioni - . In quest'immagine del linguaggio troviamo le radici dell'idea: Ogni parola ha un significato. Questo significato è associato alla parola. E' l'oggetto per il quale la parola sta. 

Di una differenza tra tipi di parole Agostino non parla. Chi descrive in questo modo l'apprendimento del linguaggio pensa, così credo, anzitutto a sostantivi come 'tavolo' 'sedia' 'pane' e ai nomi di persona, e solo in un secondo tempo ai nomi di certe attività e proprietà; e pensa ai rimanenti tipi di parole come a qualcosa che si accomoderà.

 Pensa ora a quest'impiego del linguaggio: Mando uno a fare la spesa. Gli do un biglietto su cui stanno i segni: "cinque mele rosse". Quello porta il biglietto al fruttivendolo; questi apre il cassetto in cui c'è il segno "mele"; quindi cerca in una tabella la parola "rosso" e trova, in corrispondenza ad essa, un campione di colore; poi recita la successione dei numeri cardinali - supponiamo che la sappia a memoria - fino alla parola "cinque" e ad ogni numero tira fuori dal cassetto una mela che ha il colore del campione. - Così, o pressappoco così, si opera con le parole. - "Ma come fa a sapere dove e come cercare la parola 'rosso', e che cosa deve fare con la parola 'cinque'?" - Bene, suppongo che agisca nel modo che ho descritto. A un certo punto le spiegazioni hanno termine. - Ma che cos'è il significato della parola "cinque"? - Qui non si faceva parola di un tale significato; ma solo del modo in cui si usa la parola 'cinque'.

 

§ 3, p. 10-11

Agostino descrive, potremmo dire, un sistema di comunicazione; solo che non tutto ciò che chiamiamo linguaggio è questo sistema. E questo va detto in molti casi in cui sorge la questione: "Questa descrizione è utilizzabile o inutilizzabile?" La risposta sarà allora: "Sì, è utilizzabile, ma soltanto per questa ragione strettamente circoscritta, non per il tutto che tu pretendevi di descrivere". 

E' come se uno desse ad un altro questa definizione: "Il giocare consiste nel muovere cose su una superficie, secondo certe regole..." - e noi gli rispondessimo: Sembra che tu pensi ai giochi fatti sulla scacchiera; ma questi non sono tutti i giochi. Puoi rendere corretta la tua definizione restringendola espressamente a questi giochi.

 

§ 11, p. 15

Pensa agli strumenti che si trovano in una cassetta di utensili: c'è un martello, una tenaglia, una sega, un cacciavite, un metro, un pentolino per la colla, la colla, chiodi e viti. - Quanto differenti sono le funzioni di questi oggetti, tanto differenti sono le funzioni delle parole. (E ci sono somiglianze qui e là). Naturalmente, quello che ci confonde è l'uniformità nel modo di presentarsi delle parole che ci vengono dette, o che troviamo scritte e stampate. Infatti il loro impiego non ci sta davanti in modo altrettanto evidente. Specialmente, non quando facciamo filosofia!

 

§ 12, p. 15

Come quando guardiamo nella cabina di una locomotiva: ci sono impugnature che hanno tutte, più o meno, lo stesso aspetto. (Ciò è comprensibile, dato che tutte debbono venire afferrate con la mano.) Ma una è l'impugnatura di una manovella che può venir spostata in modo continuo (regola l'apertura di una valvola); un'altra è un'impugnatura di un interruttore che ammette solo due posizioni utili, su e giù; una terza fa parte della leva del freno: più forte si tira, più energicamente si frena. Una quarta è l'impugnatura di una pompa: funziona solo fin quando la muoviamo di qua e di là.

 

§ 126, p. 70 

La filosofia si limita, appunto, a metterci tutto davanti, e non spiega e non deduce nulla. - Poiché tutto è lì in mostra, non c'è neanche nulla da spiegare. Ciò che è nascosto non ci interessa. "Filosofia" potrebbe anche chiamarsi tutto ciò che è possibile prima di ogni nuova scoperta e invenzione.

 

§ 127, p. 70 

Il lavoro del filosofo consiste nel mettere insieme ricordi, per uno scopo determinato

 

§ 654, p. 219 

Il nostro errore consiste nel cercare una spiegazione dove invece dovremmo vedere questo fatto come un ''fenomeno originario'. Cioè, dove invece dovremmo dire: si gioca questo gioco linguistico.

 

§655, p. 219 

Non si tratta di spiegare un gioco linguistico per mezzo delle nostre esperienze, ma di prendere atto di un gioco linguistico.

 

§ 23, p. 21 

Ma quanti tipi di proposizioni ci sono? Per esempio: asserzione, domanda e ordine? - Di tali tipi ne esistono innumerevoli: innumerevoli tipi differenti di impiego di tutto ciò che chiamiamo 'segni', 'parole', 'proposizioni'. E questa molteplicità non è qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte; ma nuovi tipi di linguaggio, nuovi giochi linguistici, come potremmo dire, sorgono e altri invecchiano e vengono dimenticati. (Un'immagine approssimativa potrebbero darcela i mutamenti della matematica.) Qui la parola 'gioco linguistico' è destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare un linguaggio fa parte di un'attività, o di una forma di vita. Considera la molteplicità dei giochi linguistici contenuti in questi (e in altri) esempi:

 

Comandare e agire secondo il comando 

Descrivere un oggetto in base al suo aspetto o alle sue dimensioni 

Costruire un oggetto in base a una descrizione (disegno) 

Riferire un avvenimento 

Far congetture intorno all'avvenimento 

Elaborare un'ipotesi e metterla alla prova 

Rappresentare i risultati di un esperimento mediante tabelle e diagrammi 

Inventare una storia; e leggerla 

Recitare in teatro 

Cantare in girotondo 

Sciogliere indovinelli 

Fare una battuta; raccontarla 

Risolvere un problema di aritmetica applicata 

Tradurre da una lingua in un'altra 

Chiedere, ringraziare, imprecare, salutare, pregare.

 

- E' interessante confrontare la molteplicità degli strumenti del linguaggio e dei loro modi di impiego, la molteplicità dei tipi di parole e di proposizioni, con quello che sulla struttura del linguaggio hanno detto i logici. (E anche l'autore del Tractatus logico-philosophicus).

 

§ 37, p. 29 

Che cos'è la relazione tra nome e nominato? - Ebbene, che cos'è? Bada al gioco linguistico o a un altro! Lì puoi vedere in che cosa consista, pressappoco, questa relazione. Questa relazione può anche consistere, tra le molte altre cose, nel fatto che l'udire il nome richiama alla nostra mente l'immagine del nominato, e consiste tra l'altro anche nel fatto che il nome sta scritto sul nominato, o viene pronunciato mentre si indica il nominato

 

§ 66, pp. 46-47

Considera, ad esempio, i processi che chiamiamo "giochi". Intendo giochi da scacchieri, giochi di carte, giochi di palla, gare sportive, e via discorrendo. Che cosa è comune a tutti questi giochi? - non dire: "deve esserci qualcosa di comune a tutti, altrimenti non si chiamerebbero 'giochi' "- ma guarda se ci sia qualcosa di comune a tutti. - Infatti, se li osservi, non vedrai certamente qualche cosa che sia comune a tutti, ma vedrai somiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta una serie. Come ho detto: non pensare, ma osserva! - Osserva, ad esempio, i giochi da scacchiera, con le loro molteplici affinità. Ora passa ai giochi di carte: qui trovi molte corrispondenze con quelli della prima classe, ma molti tratti comuni sono scomparsi, altri ne sono subentrati. Se ora passiamo ai giochi di palla, qualcosa di comune si è conservato, ma molto è andato perduto. Sono tutti 'divertenti'? Confronta il gioco degli scacchi con quello della tria oppure c'è dappertutto un perdente o un vincente o una competizione tra giocatori? Pensa allora ai solitari. Nei giochi con la palla c'è vincere e perdere; ma quando un bambino getta la palla contro un muro e la riacchiappa, questa caratteristica è sparita. Considera quale parte abbiano abilità e fortuna. E quanto sia differente l'abilità negli scacchi da quella nel tennis. Pensa ora ai girotondi: qui c'è l'elemento del divertimento, ma quanti degli altri tratti caratteristici sono scomparsi! E così possiamo passare in rassegna molti altri gruppi di giochi. Veder somiglianze emergere e sparire. E il risultato di questo esame suona: Vediamo una rete complicata di somiglianze che si sovrappongono e si incrociano a vicenda. Somiglianze in grande e in piccolo.

 

§ 67 p. 47

Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l'espressione "somiglianze di famiglia"; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongono e si incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare, temperamento, ecc. ecc. - E dirò: i 'giochi' formano una famiglia. E nello stesso modo formano una famiglia, ad esempio, i vari tipi di numeri. Perché chiamiamo una certa cosa 'numero'? Forse perché ha una - diretta - parentela con qualcosa che finora si è chiamato numero; e in questo modo, possiamo dire, acquisisce una parentela indiretta con altre cose che chiamiamo anche così. Ed estendiamo il nostro concetto di numero così come, nel tessere un filo, intrecciamo fibra con fibra. E la robustezza del filo non è data dal fatto che una fibra corre per tutta la sua lunghezza ma dal sovrapporsi di molte fibre una all'altra. Se però qualcuno dicesse: "Dunque c'è qualcosa di comune a tutte queste formazioni, - vale a dire la disgiunzione di tutte queste comunanze"- io risponderei: qui ti limiti a giocare con una parola. Allo stesso modo si potrebbe dire: un qualcosa percorre tutto il filo, - cioè l'ininterrotto sovrapporsi di queste fibre.

 

 

[L.Wittgenstein, Ricerche Filsofiche, Einaudi, Torino 1967, pp. 9-11, 15, 21, 29, 46-47, 70, 219]

 

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