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Comunicazione Filosofica n. 8 - febbraio 2001

Dialettica  e speranza  (Testo A)

Di una soggettività da costruire in rapporto all’oggetto, di una identità aperta da definire in rapporto ad una negazione da superare, parla Ernst Bloch coniugando, nella speranza del socialismo, dialettica hegeliana, messaggio marxista, echi bergsoniani.

Si è chiamato l’uomo, come in effetti è, un parto prematuro. Egli viene al mondo più indifeso e incompiuto di qualsiasi altro animale, ha bisogno di un tempo molto più lungo per giungere alla maturità ed è per giunta minacciato anche da se stesso. Barcolla e commette errori che un animale giovane, nel suo habitat naturale, non commette mai […] Ma all’animale in fase di crescita viene anche molto presto imposto un arresto […] Gli animali ripetono necessariamente lo sperimentato modello di fabbricazione del loro corpo e della loro vita, per questo essi sono così caratterizzati, ma anche così vincolati nel loro essere. Gli uomini possono essere vincolati solo approssimativamente a questi elementi di fissità […] È una gran cosa che noi uomini si sia nati incompiuti non solo come bambini ma anche come specie. Ma è anche duro esser compresi in un divenire che va avanti così lentamente, perché cade di continuo nella trappola di sempre nuovi impostori. Da almeno cent’anni la società socialista è praticamente possibile: e quante fra le persone colte, che sono così rare, non ne capiscono ancor oggi nemmeno l’Abc! L’uomo è effettivamente l’animale che allunga la sua strada, ma l’allunga anche in maniera cocciuta e colpevolmente stolta, e non solo astuta. Altrimenti tutta la vita esteriore scorrerebbe così piana e pacifica, come procede ora, nel migliore dei casi, tra amici.

Tutto ciò che esiste è ancora costruito intorno alla negazione, che lascia affamati. Non c’è ancora un cibo che smorzi e soddisfi questa carenza, ossia il beneficio che ci si è procurati si trasforma nuovamente in tormento.  L’intera storia fino ad ora è ancora preistoria umana, cioè non è prodotta in modo consapevole. […] Tutto l’agire umano – commisurato con qualcosa di completamente soddisfacente, anzi di appagante – venne chiamato opera incompiuta, e il possibile appagamento si disse che poteva trovarsi, secondo la sua essenza, non all’interno della storia, ma alla sua conclusione: questa è la concezione religiosa. Ma la storia fino ad oggi mostra l’opera incompiuta anche in una dimensione terrena non necessaria, nella miseria della stragrande maggioranza, nei rapporti di produzione. […] La dialettica stessa, nel mondo costruito dagli uomini, è rapporto soggetto-oggetto, nient’altro; è soggettività da elaborare. […] Hegel dice, con molta ragione: «La filosofia deve ben guardarsi dal voler produrre edificazione» […] Ma il problema ha un senso completamente diverso se, invece della diversa idolatria o dell’adorazione di un Assoluto presente (lo si chiami fatto o materia meccanica o ipostasi di Dio), la speranza della storia cerca la sua verità: come suo potente conosci te stesso o suo volto scoperto; come verità non ancora presente, straordinariamente minacciata nel processo del suo divenir-presente, del Particolare e dell’Universale, e quindi come totum ancora utopico della mèta.

Ernst Bloch, Dialettica e speranza, in Soggetto – oggetto. Commento a Hegel, Bologna 1975, pp. 535 segg.

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