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Comunicazione Filosofica n. 8 - febbraio 2001

Conoscenza del malato come immedesimazione nell’altro (Testo B)

Nella Introduzione alla sua Psicopatologia generale, Jaspers connota l’agire scientifico dello psicopatologo con la centralità del rapporto tra sé e l’altro.

Nella psicopatologia il fondamento reale della nostra ricerca è la vita psichica, che ci diviene presente ed intelligibile mediante il comportamento percepito direttamente con i sensi e con il linguaggio. Noi vogliamo sentire, capire, meditare ciò che realmente accade nell’anima umana. La spinta universale verso la realtà è in psicopatologia il desiderio di conoscere la vita psichica reale nei rapporti che sono parzialmente percepibili come gli oggetti studiati dalle scienze naturali. […]

Ma il ricercatore non è colui che ricerca con il puro intelletto, come una forma vuota, nella quale si raccoglierebbe tutto ciò che si può apprendere dal mondo esterno. È piuttosto il ricercatore con tutta la sua vitalità, strumento indispensabile del suo stesso conoscere. […]

Ciò che caratterizza essenzialmente lo psicopatologo gli deriva dal fatto di trattare con gli esseri umani. Quello che egli viene ad acquisire con tale esperienza dipende da come egli si comporta con gli individui e come coopera terapeuticamente nell’evento particolare, facendo opera di chiarificazione nei confronti di sé stesso e dell’altro. Egli compie non solo un’osservazione indifferente, come nella lettura di una misura, ma nell’atto di scrutare l’anima egli deve comprendere e partecipare.

Deve esserci in lui come una immedesimazione nell’altro, che consiste nel tentativo di autotrasformarsi pari a quello dell’attore che si immedesima nel personaggio pur restando sé stesso; deve assumere l’atteggiamento di un ascoltatore attento, che non intende esercitare violenza sull’altro e resta fondamentalmente obbiettivo, senza farsi influenzare.

Lo psicopatologo è legato alla propria capacità di vedere, di sperimentare interiormente e alla propria ampiezza di orizzonti, all’apertura verso nuovi problemi e alla propria ricchezza spirituale. Vi è una grande differenza tra coloro che vanno ciechi per il mondo dei malati malgrado i loro occhi aperti, e la sicurezza di una chiara percezione che scaturisce dalla sensibilità di chi partecipa.

Il palpitare della propria anima all’unisono con le vicende altrui favorisce quindi l’obiettivazione critica di tale esperienza da parte dell’osservatore.

Karl Jaspers, Psicopatologia generale, [1959], “Il pensiero scientifico” editore, Roma 1964, pp. 22-24.

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