Torna al sommario di Comunicazione Filosofica Comunicazione Filosofica n. 8 - febbraio 2001 Ontologia della differenza (Testo E)Differenza ontologica è in Heidegger differenza dell’essere dall’ente; è un ente particolare (l’Esserci, l’uomo) che si caratterizza come “essente nella maniera della comprensione dell’essere”, che si pone, insomma il problema dell’essere. L’Esserci ha come carattere ontologico-esistenziale fondamentale l’essere-nel-mondo. Nel mondo avviene l’incontro con gli altri, in quanto l’esserci è anche sempre con gli altri, il suo mondo è un mondo con-diviso. L’essere dell’esserci è Cura: nei confronti delle “cose” d’uso è un “prendersi cura”, nei confronti degli Altri è un “aver cura” «Gli altri», in questo caso, non sono coloro che restano dopo che io mi sono tolto. Gli altri sono piuttosto quelli dai quali per lo più non ci si distingue e fra i quali, quindi, si è anche. […] Sul fondamento di questo essere-nel-mondo «con», il mondo è già sempre quello che io con-divido con gli altri. L’esser-in-sé intramondano degli altri è un con-Esserci […]. Ma se il con–Esserci è essenzialmente costitutivo dell’essere-nel-mondo, tanto esso quanto quel commercio ambientale con l’utilizzabile intramondano che abbiamo precedentemente definito come prendersi cura, dovranno essere interpretati a partire da quel fenomeno della cura che determina in linea generale l’essere dell’Esserci […]. L’altro esserci non è incontrato nel quadro del prendersi cura ma dell’aver cura […] L’essere l’uno per l’altro, l’uno contro l’altro, il trascurarsi l’un l’altro, il non importare all’uno dell’altro, sono modi possibili dell’aver cura. Sono proprio i modi citati per ultimi, cioè i modi della deficienza e dell’indifferenza, quelli che caratterizzano l’essere-assieme quotidiano e medio. Questi modi di essere rivelano il carattere della non-sorpresa e della ovvietà che sono propri del con-Esserci quotidiano e intramondano così come lo sono dell’utilizzabilità del mezzo di cui ci si prende quotidianamente cura. Questi modi indifferenti dell’esser-assieme sviano facilmente l’interpretazione ontologica, inducendola ad assumere l’essere-assieme come semplice-presenza di più soggetti. Si può cadere nell’errore di credere che si tratti di una differenza di poco conto all’interno di un medesimo modo di essere; ma in realtà c’è una diversità ontologica essenziale fra l’«indifferente» esser-presente-assieme di più cose qualsiasi, e il non-importar-nulla-all’uno dell’altro proprio dell’Esserci-assieme. I modi positivi dell’aver cura hanno due possibilità estreme. L’aver cura può in certo modo sollevare gli altri dalla «cura», sostituendosi loro nel prendersi cura, intromettendosi al loro posto. Questo aver cura assume, per conto dell’altro, il prendersi cura che gli appartiene in proprio. Gli altri risultano allora espulsi dal proprio posto, retrocessi, per ricevere, a cose fatte e da altri, già pronto e disponibile, ciò di cui si prendevano cura, risultandone del tutto sgravati. In questa forma di aver cura, gli altri possono essere trasformati in dipendenti e in dominati, anche se il predominio è tacito e dissimulato. Questo aver cura, come sostituzione degli altri nel prendersi «cura», condiziona largamente l’essere-assieme e riguarda per lo più il prendersi cura degli utilizzabili. Opposta a questa è quella possibilità di aver cura che, anziché porsi al posto degli altri, li presuppone nel loro poter essere esistentivo, non già per sottrarre loro la «Cura», ma per inserirli autenticamente in essa. Questa forma di aver cura, che riguarda essenzialmente la cura autentica, cioè l’esistenza degli altri e non qualcosa di cui essi si prendano cura, aiuta gli altri a divenire consapevoli e liberi per la propria cura. Martin Heidegger, Essere e tempo, [1927], Longanesi, Milano 1976, pp. 153-158. |