Torna al sommario di Comunicazione Filosofica Comunicazione Filosofica n. 8 - febbraio 2001 Etica della differenza (Testo F)Questi passi sull’esperienza del “volto”vanno inseriti nella critica che Levinas muove alla filosofia di Heidegger. In essa l’impostazione ontologica che fonda su un “neutro”, l’Essere appunto, la possibilità di comprendere l’altro, conferma “la supremazia dell’identico sull’Altro”e rende l’Esserci indifferente dal punto di vista etico. L’irriducibile diversità dell’Altro è invece, secondo Levinas, a fondamento di una prospettiva radicalmente etica della teoria della differenza. La faccia, il volto, è il fatto che una realtà mi è opposta; opposta non nelle sue manifestazioni, ma nella sua maniera d’essere, cioè, se così si può dire, ontologicamente opposta. Il volto è quel che mi resiste per la sua opposizione, e non quel che mi si oppone per la sua resistenza. Voglio dire che quest’opposizione non si rivela ostacolando la mia libertà: è un’opposizione anteriore alla mia libertà e la mette in moto. Non è ciò a cui mi oppongo, ma ciò che si oppone a me. È un’opposizione inscritta nella sua presenza a me. Lungi dal seguire il mio intervento, essa mi si oppone nella misura in cui si volge verso di me. L’opposizione del volto, che non è l’opposizione di una forza, non è l’ostilità. È un’opposizione pacifica: ma in essa la pace non è in alcun modo una guerra sospesa, una violenza semplicemente trattenuta. Al contrario, la violenza consiste nell’ignorare questa opposizione, nell’ignorare il volto dell’essere, nell’evitare il suo sguardo […]. Emmanuel Levinas, Libertà e comando, in E. L., A. Peperzak, Etica come filosofia prima, Guerini e associati, Milano 1989 L’incontro con Altri rappresenta immediatamente la mia responsabilità per lui: la responsabilità per il prossimo, che senza dubbio è l’austero nome di ciò che si chiama l’amore del prossimo, amore senza Eros, carità, amore in cui il momento etico domina il momento passionale, amore senza concupiscenza. Non mi piace molto la parola amore, che viene usata e abusata. Parliamo piuttosto di una presa su di sé del destino altrui. Questa è la “visione” del Volto […] è sempre a partire dal Volto, a partire dalla responsabilità per Altri, che appare la giustizia, la quale comporta giudizio e confronto, confronto con ciò che per principio è incomparabile, poiché ogni essere è unico. Ogni altro è unico. […] Nella mia analisi, il Volto non è affatto una forma plastica, come un ritratto: la relazione con il Volto è al tempo stesso il rapporto con l’assolutamente debole – il rapporto con ciò che è assolutamente esposto, nudo e denudato, è il rapporto con il denudamento e di conseguenza con ciò che è solo e può subire l’isolamento supremo che si chiama morte. Perciò, nel Volto d’Altri c’è sempre la morte d’Altri e così, in qualche modo, l’incitamento all’omicidio, la tentazione di giungere fino in fondo, di trascurare completamente Altri e contemporaneamente – e questa è la cosa paradossale – il Volto è anche il “Tu non ucciderai”. Tu-non-ucciderai, che può essere esplicitato anche molto meglio: si tratta del fatto che io non posso lasciare altri morire da solo, c’è come un appello a me; e, vedete – e questo mi sembra importante – la relazione con Altri non è simmetrica […] nella relazione con il Volto ciò che si afferma è l’asimmetria: inizialmente mi importa poco ciò che altri rappresenta nei miei confronti, è affar suo: per me è prima di tutto colui di cui sono responsabile. Intervista a E. levinas, “Aut-Aut”, sett. dic. 1985 |