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Comunicazione Filosofica n. 9 - dicembre 2001

 

Per avviare l'analisi disciplinare:

DAI NUCLEI ALLE COMPETENZE

A cura di Cristina Bonelli (RMD Piacenza) ed Ermanno Rosso (RMD Bologna)

 
PREMESSA

Il ripensamento dei curricoli di studio attualmente in corso per rivedere tutto il percorso scolastico dal punto di vista dell’allievo, ponendo al centro il suo profilo formativo e quindi lo stretto rapporto tra insegnamento e apprendimento, rende necessario una riflessione sugli statuti epistemologici delle discipline per svelare il loro sistema culturale, il loro articolarsi in una mappa concettuale aperta e visibile che definisca la sintassi, le categorie (spazio-temporali, di relazione, la soggettività) del sapere stesso ove lo studente possa “navigare” per costruire consapevolmente il proprio percorso formativo.

Sentiamo allora come necessario da parte degli insegnanti rendere trasparente questa mappa, pur senza perdere di vista le specificità disciplinari; questo permetterà di poter costruire curricoli verticali e progressivi, definendo le competenze come i traguardi di ogni ciclo, da ottenersi a spirale cioè a diversi livelli di complessità e di consapevolezza.

La costruzione della mappa della disciplina diviene l’analisi disciplinare ovvero la ricerca dei nuclei fondanti che non sono da confondersi con i contenuti più importanti, ovvero i “saperi essenziali” o i “contenuti minimi” della disciplina, ma anzi un contenuto diventa prioritario perché esibisce la sintassi disciplinare e rinvia alle domande di senso che costituiscono l'interrogarsi specifico della disciplina. Il nucleo fondante ha il compito d'indicare una nuova compiutezza della disciplina che non è più la mera sequela dei contenuti. Partire dalle competenze risulta così una scelta decisiva: se finora l’insegnamento ha privilegiato i programmi, le competenze ora svelano i contenuti come esito di un processo metodologico di costruzione del sapere e mettono in campo l’intero sapere.

Seguendo una definizione elaborata da Rossella D'Alfonso di Progetto scuola e successivamente adottata nell'ambito del Forum delle associazioni disciplinari, definiamo nucleo fondante la struttura epistemologica della disciplina, quei concetti fondamentali che ricorrono in vari luoghi della disciplina e hanno perciò valore strutturante e generativo di conoscenze, sono le domande di senso che stanno dentro la disciplina, ne costituiscono la sintassi e ne definiscono il valore formativo. Infatti, nucleo fondante è un tracciato guida scavato nella tradizione del pensiero che lo ha in qualche modo strutturato, direzionato, fondato, caratterizzando una disciplina come tale, non in senso ontologico, ma in quanto qualcuno lo ha circoscritto e nominato e noi lettori/interpreti ascoltando, con il nostro carico di precomprensioni, i messaggi che ci vengono dalla tradizione, ne interpretiamo alcuni come dotati di una particolare, costitutiva, fondante appunto, autorevolezza. La ricerca che qui presentiamo non pretende di indicare i nuclei fondanti della filosofia in quanto tale, operazione di definizione sempre teoretica, ma semplicemente di cercare quei nuclei che fondano la pratica didattica della disciplina, qualificando la filosofia come specifica esperienza di pensiero e suggerendo quelle centralità che nel processo di insegnamento/apprendimento danno senso, rigore e coerenza ai contenuti disciplinari.

I riferimenti operazionali e culturali che sottendono questa nostra riflessione ci sembrano essere i seguenti:

·    la psicologia cognitiva nel suo considerare l’attività mentale come elaborazione attiva che di continuo verifica la congruenza tra il proprio progetto comportamentale e le condizioni oggettive esistenti, filtrando le informazioni e autocorreggendosi; questa prospettiva non è però da intendersi come orientata verso un rigido specialismo, ma tendente a una progettualità che è comprensione, controllo e formazione di una cultura personale;

·    il costruttivismo e la sua immagine di un sapere vivo che si sviluppa e cresce in base a bisogni, esperienze e relazioni con l’altro sapere e che definisce l’aspetto relativo e dinamico di ogni corpo disciplinare di conoscenze, il suo carattere culturalmente condizionato e condizionante, nel senso che tende a creare la realtà che descrive; considerando la psiche non solo in senso “causale” ma anche in senso “finale” e valorizzando la centralità della relazione, dell’incontro, dell’accadere interpretante;

·    l'approccio storico-testuale: i testi rappresentano lo strumento essenziale di una cultura filosofica, sia in sé considerati, sia collocati nel loro contesto per essere stimolo anche alla riflessione sui problemi che toccano ogni studente; a questo fine, nella loro lettura, è necessario utilizzare una pluralità di modelli, di metodologie, di tecniche atte a promuovere negli studenti un'esperienza di ricerca filosofica, di dialogo con gli autori attraverso i testi.

·    l’approccio ermeneutico per centrare l’attenzione sull’attività interpretante come fondatrice della soggettività e dell’oggettività e come ottica della globalità e della complessità;

·    l’approccio epistemologico in senso post-popperiano che valorizza il momento della falsificazione, della divergenza, della scelta, della costruzione di mondi intraducibili e in sé dotati di senso;

·    l’approccio ermeneutico e quello epistemologico interagendo determinano uno spazio comune: la teoria dell’interpretazione abbandona il concetto di verità, così come con il mutare dei paradigmi (Kuhn) o con il mutare dei suoi presupposti irrazionali e gratuiti (Feyerabend) entra in crisi il concetto di verità nella conoscenza scientifica; dall’intreccio fra questi due ambiti può nascere non la dissoluzione del concetto di verità ma la sua riscoperta, quando ermeneutica ed epistemologia parlano della verità fanno cenno a qualcosa che sta dietro alla cosa stessa, la sua condizione di possibilità.

Chiudiamo questa premessa ribadendo la dimensione formativa dell'analisi disciplinare dei nuclei fondanti, la loro capacità maturativa nel e dell'apprendimento (come possibilità generativa di conoscenze e orientativa nella maturazione personale). Solo così, ci pare, la filosofia risulta kantiana emancipazione: nella sua capacità di provare stupore e meraviglia, di elaborare domande radicali e di criticare, di esercitare la riflessione disinteressata, aperta e legittimamente plurima, nel rigore del ragionare con argomenti a partire da testi, nell'attribuire senso e valore all'esistere, nell'acquisizione consapevole del proprio, storico, consapevole agire nel mondo. La filosofia deve, quindi, essere appresa come un campo aperto di significati attraverso un approccio diretto in cui contenuti e forme siano acquisiti in modo attivo all'interno delle strutture della disciplina, in modo tale da poter assumere un significativo senso personale: le risposte degli autori non devono nascondere, ma valorizzare le domande, le teorie filosofiche devono costituirsi come opportunità per nuove riflessioni perché la filosofia possa essere vissuta come pratica, esperienza critica e personale del "fare" filosofia.

 

INDIVIDUAZIONE DEI NUCLEI FONDANTI

1.  La centralità della domanda non esauribile da alcuna risposta: filosofia come capacità di problematizzare e mettere in discussione criticamente le certezze; filosofia come rinuncia alla pretesa di oggettività e di esaustività onnicomprensiva; filosofia che si apre a revisioni critiche sempre nuove; filosofia come possibilità della domanda radicale

2.  la peculiarità/varietà dell'argomentazione filosofica: filosofia nel suo rapporto con la scrittura come tipologia di testi e registri, nel rifiuto dell'unicità del modello argomentativo, del registro linguistico, del metodo filosofico, in nome della pluralità dei diversi linguaggi e delle forme di ricerca e di pensiero

3.  la centralità del testo: il senso della filosofia è interno al testo, nei confronti del quale il lettore trova davanti a sé un'alterità con cui misurarsi nell'interpretazione; filosofia come comprensione tra due orizzonti: riconoscere le ragioni degli altri è la condizione della filosofia, confrontarsi con le ragioni dei filosofi non per sapere, ma per praticare la capacità di ricercare il sapere; il testo documentale è la fonte primaria.

4.  la soggettività come pratica consapevole del filosofare che non si esaurisce nella dimensione della razionalità/razionalizzazione e che indaga sul significato stesso dell'interrogarsi

5.  la filosofia come aspirazione all’universalità in quanto proporsi come discorso che oltrepassa il piano legato al vissuto quotidiano, e alla particolarità dell'esperienza, mostrando nel contempo che la verità non è un dato, ma un farsi sempre aperto

6.  la storicità intrinseca della filosofia: come pensare contestualizzato e come senso che si ricostruisce sempre a partire da ciò che ha reso possibile, dal nostro presente; la filosofia non si esaurisce mai nella sua tradizione storica;

7.  la filosofia come fare filosofia e la sua ricaduta essenziale sull'agire, poiché dal pensiero libero consegue l'agire libero anche come attività progettuale di ricerca della migliore convivenza civile che, attraverso l'indagine e il confronto critico, educa alla democrazia.

 

DAI NUCLEI ALLA PRATICA DIDATTICA

Questi nuclei non rappresentano solo lo specifico disciplinare da far emergere nel curricolo di filosofia, ma ritornano e caratterizzano ogni lezione, intesa come unità compiuta di lavoro didattico su un testo, in quanto:

a)  ogni testo pone o implica una domanda (ogni testo è risposta, l'esercizio di formulare la domanda/le domande del testo è sempre la base del lavoro in classe. Il testo pone quindi la sua domanda, ad essa seguono le nostre domande su di lui, a lui)

b)  del testo poi rileviamo la struttura argomentativa (anche se l'operazione didatticamente può essere invertita, perché l'analisi strutturale del testo spesso è necessaria per trovare le risposte che il testo dà alle nostre domande o per comprendere le risposte che il testo dà alla sua domanda)

c)  il testo, che nella progressione logica indicata nella "Individuazione dei nuclei fondanti" risulta il terzo momento,  nella pratica didattica è la fonte documentale primaria.

d)  chi legge il testo è una soggettività già esistente: psicologicamente come insieme di attese, motivazioni, pre-comprensioni che costituiscono il vissuto di base dell'allievo, storicamente e culturalmente come tradizione del pensiero occidentale che fornisce categorie, concetti e chiavi di lettura con cui svolgere l'attività di ascolto/interpretazione del testo: la tradizione parla nel soggetto, attraverso il soggetto, al soggetto. Infine tale soggettività si modifica attraverso il lavoro sul testo, poiché l'ascolto della voce filosofica produce pur sempre nella riflessione una riorganizzazione del vissuto e delle comprensioni

e)  l'operazione di portare il testo oltre il significato letterale, di condurlo a divenire discorso sul mondo, parte del discorso del mondo, anche il semplice chiedersi cosa dice a noi, cosa dice al presente, è già universalizzarlo, portarlo oltre la sua particolarità. E anche questa operazione è dentro ogni singola unità di lavoro testuale

f)   ogni testo si può contestualizzare (non è che valga la pena di farlo per ciascuno, ma ovviamente si può fare) e anche attualizzare. Quando lo attualizziamo lo storicizziamo, perché chi storicizza è comunque un uomo/donna del presente e quindi lo storicizza a partire da sé: ogni operazione che facciamo, la facciamo noi, con i nostri schemi/valori/criteri dell'oggi. Anche l'"obiettività storica", la ricostruzione  filologica è pur sempre praticata secondo la presente lectio interpretativa, i presenti metodi filologici.

g)  l'operazione d'analisi stessa fatta sul testo in modo interattivo è diventata pratica di discussione, di considerazione dei discorsi di tutti, di rispetto delle opinioni, di valorizzazione delle diverse capacità di lettura e di ascolto. L'interpretazione diventa così, semplicemente svolgendosi, dialogo intersoggettivo, pratica relazionale dialogica.

In tal modo, scomponendo la metodologia di lavoro sui testi nei suoi aspetti (non fasi, perché la maggior parte delle operazioni è contestuale), troviamo che l'analisi teorica sui nuclei fondanti si salda alla pratica didattica di lavoro sui testi, vale a dire: chi pratica la lettura sui testi trova i nuclei fondanti e viceversa chi trova convincente l'analisi dei nuclei fondanti deve porre i testi al centro della lezione. La lezione, ogni lezione (meglio: ogni testo) esibisce tutti i nuclei fondanti la disciplina, mostra l'intera struttura epistemologica della filosofia.

In queste indicazioni didattiche la filosofia non è più solo la storia della filosofia, ma la storicità del pensiero è da intendersi come sguardo del presente che interroga/ascolta il passato (il testo filosofico) facendolo rivivere e trovando in esso le proprie radici culturali (il circolo presente (individuale) - passato (della tradizione) - presente (culturale/universale di oggi) che è anche la struttura stessa del modulo).  E risulta emergere così la centralità del pensiero contemporaneo, del nostro abitare il mondo da cui e tramite cui ripercorrere e riattraversare la tradizione filosofica: il Novecento non è solo doveroso momento di studio per la classe quinta, ma diventa anche e soprattutto il riferimento ineludibile di ogni voce/autore/testo filosofico. E così la filosofia può diventare  strumento dell'attualità e non solo informazione storica, pensiero critico del presente, evitando quell'archeologia tanto denunciata dai nostri ragazzi.

Queste indicazioni conducono a una didattica modulare (con le peculiarità di flessibilità, autonomia, forte coesione interna, storicità di struttura nella circolarità: pres-pass-pres) il cui obiettivo è costruire una progressione modulare che evidenzi i collegamenti con i nuclei fondanti. Vale a dire: nuclei e competenze sono lo strumento a partire dal quale si costruisce una progressione coerente di moduli che possono e devono declinare tutte le competenze in  progressione significativa, in modo che i contenuti esibiscano e mostrino la struttura disciplinare.

 

DAI NUCLEI ALLE COMPETENZE

Ma i nuclei fondanti non solo caratterizzano didatticamente, nel loro operare congiunto (ché singolarmente presi sono comuni ad altre discipline), la filosofia; non solo operano collettivamente in ogni singolo momento del lavoro in classe configurando così la didattica filosofica (ogni operazione di separazione è infatti artificiosa: si può ben centralizzare uno o l'altro ma comunque tutti sono sempre messi in gioco a meno che non pensiamo che si possa argomentare senza essersi posti la domanda o concettualizzare senza saper che cosa), ma anche rappresentano la pratica filosofica stessa, almeno per quanto è possibile riprodurla didatticamente. Essi quindi devono essere assunti come competenze disciplinari, obiettivi didattici da raggiungere per rendere gli studenti attivi e consapevoli di svolgere (incamminarsi verso, iniziare a) "attività filosofica" e non generica riflessione-discussione.

Ecco allora che i sette nuclei presentati, possono (e forse dovrebbero) diventare altrettanti obiettivi di un curricolo delle competenze, che oltre a declinare nella disciplina le competenze trasversali valorizzi anche quelle specifiche disciplinari. Tradotti in obiettivi finali di competenza i nuclei presentati possono così essere riformulati:

1.  Problematizzare, come saper individuare la domanda e saperla correttamente porre/formulare/comunicare/esprimere

2.  Argomentare in una pluralità di forme, di metodi e di registri consegnati dalla tradizione, ma anche in modalità originali

3.  Analizzare/interpretare, come metodo di comprensione del discorso, della sua riconduzione ai significati espliciti, impliciti e anche inconsapevoli

4.  Acquisire consapevolezza di sé e dell'altro: come capacità di lettura, comprensione e critica del tema della soggettività nelle sue diverse elaborazioni nel pensiero occidentale:  dalla costituzione del rapporto soggetto/oggetto al nesso identità/alterità;  come capacità di razionalizzazione ma anche di riflessione sulle categorie, sugli schemi concettuali della razionalità occidentale

5.  Universalizzare/concettualizzare: portare l'esperienza al concetto, il particolare al generale, il  senso comune alla filosofia; ma anche viceversa: saper calare il concetto nell'esperienza, la teoria nella pratica, cogliendo la filosofia non solo come sapere teoretico, ma anche come sapere pratico

6.  Contestualizzare/storicizzare/attualizzare, come operazioni che sembrano diverse e anche opposte, ma in realtà si compiono contestualmente e sempre solo una rispetto all'altra: non è possibile storicizzare senza avere consapevolezza di ciò che è il presente, né attualizzare senza ricostruire lo specifico del momento storico in cui un concetto, un problema o altro si è formato. Risulta allora la duplice operazione di ricondurre al contesto (dal presente al passato) e di attualizzare (dal passato al presente) e la circolarità presente-passato-presente non è semplicemente un approccio ma diventa una specifica competenza disciplinare

7.  Dialogare, come formare al confronto, educare al dibattito, cogliere la dimensione collettiva, intersoggettiva del pensiero (poiché la filosofia può anche nascere come pensiero solitario, benché questa sia solo la caratteristica "fisica" della riflessione e non quella autenticamente culturale, ma di fatto mira sempre alla "pubblicità" all'essere riconosciuta nella sua valenza, nella sua significanza, e deve essere pronta a cogliere le valenze, le rilevanze, sia del pensiero che emerge dalla sua tradizione, che del pensiero che le si oppone). Questa competenza, apparentemente formativa e non disciplinare, qui è intesa nella sua specificità filosofica, come saper costruire una riflessione collettiva, saper far interagire dinamicamente il pensiero: un dialogo filosofico non è la comunicazione di due monologhi, ma attività di ricezione-elaborazione-comunicazione nuova e più evoluta ricezione, che non scade mai in eristica - pur sviluppando al suo interno anche la competenza "retorica", nel senso più nobile del termine - e che nel farsi collaborativo del pensiero distingue il modello del dialogo socratico dal generico confronto/discussione. Da un dialogo autenticamente filosofico non si può uscire come si è entrati, che è quello che normalmente accade nella discussione, per quanto rispettosa e tollerante.

Questo è quanto proposto, discusso e approvato nel coordinamento regionale dei gruppi RMD, ma molto resta ancora da fare:

·    l'articolazione delle competenze sopra indicate in livelli, in modo da poterle inserire in una scansione di sviluppo triennale

·    la definizione delle attività didattiche atte al loro sviluppo, ovvero la riflessione metodologica conseguente

·    l'individuazione dei contenuti disciplinari e della loro gradazione

·    la costruzione di un coerente curricolo modulare triennale che coniughi la progressione delle conoscenze con la crescita delle competenze

·    la progettazione e la sperimentazione dei moduli di questo curricolo

Su questi obiettivi, e su altri che autonomamente si daranno, lavoreranno i gruppi RMD provinciali per il prossimo anno scolastico nella loro attività di aggiornamento-ricerca, e su questi obiettivi, ed altri che ciascuno può suggerire, essi invitano i colleghi di filosofia, ad un lavoro comune di riflessione sulla qualità dell'insegnamento in una dimensione di collaborazione e confronto.