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Comunicazione Filosofica n. 5 - maggio 1999

 

1. L’insegnamento della filosofia e l’autonomia scolastica

Oggi in Italia sono in atto grandi cambiamenti. La sperimentazione dell’autonomia scolastica ha da una parte valorizzato e fatto emergere esperienze innovative non sempre conosciute, dall’altra ha innestato processi di cambiamento, profondi, faticosi, anche conflittuali, ma irreversibili e globalmente positivi. Soprattutto nella scuola secondaria superiore il percorso di trasformazione è stato attivato con slancio etico, sensibilità culturale, con generosità, ma anche vissuto con ansia e disagio. La secondaria superiore per lungo tempo non ha conosciuto riforme;è rimasta immobile e stagnante nei programmi, negli ordinamenti e nelle strutture. La flessibilità che l’autonomia scolastica richiede contrasta con la rigidità attuale della scuola superiore.

L’immobilismo formale e strutturale non sempre ha determinato immobilismo nel modo di fare scuola. Semplicemente la qualità della scuola è stata affidata all’anarchia creativa dei docenti italiani. Le scuole italiane sono molto diverse tra di loro e spesso all’interno delle stesse scuole esistono diversi livelli di qualità dell’insegnamento. Innovazioni, sperimentazioni, più o meno consolidate, hanno mutato la prassi educativa, all’interno di una situazione formale e normativa immobile e sclerotizzata.

Del resto una grande trasformazione è richiesta a docenti che, per formazione e tradizione consolidata nella prassi, non sempre hanno a disposizione mezzi e strumenti per ridefinire i confini di una nuova identità professionale.

La scuola dell’autonomia è una sfida per i docenti di filosofia e per le loro tradizionali competenze: essi sono abituati a piani di studio rigidi e sono invitati invece a riscoprire la flessibilità degli interventi, la progettazione autonoma e la gestione responsabile di sezioni di curricolo. E’ una sfida per il modo di insegnare, tradizionalmente ancorato rigidamente al programma, alla classe, alla lezione e al manuale; oggi si richiede l’attivazione di classi aperte, gruppi di apprendimento, gruppi di livello, l’individualizzazione dei percorsi formativi, la modularizzzione dei curricoli, forme didattiche partecipative e motivanti. E’ una novità per undocente della scuola superiore preoccuparsi di rispondere adeguatamente alla pluralità e alla diversità di ritmi di apprendimento, di stili cognitivi, di codici comunicativi. E’ una sfida per la cultura dell’insegnamento, in passato irrigiditasi eccessivamente in moduli fissi e privi di effettivo controllo di validità.

Oggi è un'importante fase di transizione per l’insegnamento della filosofia. Da una parte è in atto un ripensamento della collocazione della filosofia nella scuola. E’ possibile che un insegnamento della filosofia sia previsto in tutti gli indirizzi della scuola e forse nell’ultimo anno della scuola dell’obbligo. Per la prima volta nella storia la filosofia potrà incontrare centinaia di migliaia di giovani.

Negli ultimi anni la didattica della filosofia ha mostrato una grande dinamicità nella ricerca, nell’editoria scolastica, nelle forme e negli strumenti di comunicazione (Riviste specializzate, caratacee e telematiche, – "Bollettino Sfi", "Comunicazione Filosofica", "Insegnare Filosofia",ecc.), siti internet specializzati (ilgiardinodeipensieri, Swif, Sfi, ecc.). Una molteplicità di soggetti, istituzionali e non, ha partecipato e partecipa in qualche modo all’impresa della ricerca e della comunicazione delle innovazioni in didattica della filosofia (Unversità, scuole, sezioni della Sfi, Commissione Didattica della Sfi, Dirclassica del Ministero P.I. - La città dei filosofi-. Vi è un gran fervore di studi, di iniziative, di percorsi di ricerca, di esperienze didattiche innovative.

Non è casuale la presenza di questa dinamicità né buona quantità di risultati a disposizione. Dai lavori della Commissione Brocca in poi una molteplicità di soggetti, come sopra si sottolineava, ha lavorato sodo e , in qualche modo, è riuscita a diffondere alcuni elementi base di una rinnovata didattica della filosofia. Sotto i nostri occhi oggi è il frutto di quello che si è seminato. Ma non è proprio il caso di dormire sugli allori. Oggi la sfida alla scuola e alla filosofia assume connotati nuovi e rilevanti.. Oggi inizia un’altra fase di ricerca e di innovazione, di cui non tutto ci è chiaro, ma di cui forse intuiamo i percorsi da seguire e i sentieri da battere.

Il problema della comunicazione della filosofia a fini educativi non è , e non lo è mai stato, un problema tecnico ma eminentemente filosofico.

Il nostro problema è un problema filosofico e didattico al tempo stesso. L’insegnamento e, in generale la comunicazione della filosofia, è parte integrante dell’attività filosofica. Ricerca filosofica e modi di comunicarla-tramandarla costituiscono due facce di una stessa medaglia. Il problema è: cosa chiediamo alla filosofia e alla sua tradizione per formare i giovani di oggi, e, quindi, quale filosofia vogliamo comunicare in un contesto formativo?

Per discutere e risolvere questo problema dobbiamo tener fermo lo sguardo a due fattori:

· ai bisogni formativi dei giovani, tenendo conto dei grandi e rapidi mutamenti del nostro tempo, del grande processo di cambiamento che coinvolge la scuola italiana e i destinatari dell’insegnamento;

· all’identità storica-epistemologica della filosofia, tenendo conto di ciò che permane e di ciò che muta in essa ;

Da questi due sguardi trarre ispirazione per ragionare sui percorsi metodologici e didattici per realizzare e potenziare la valenza formativa dell’insegnamento della filosofia.

· Sappiamo che la crescita edella complessità e i rapidi mutamenti per essere dominati richiedono un patrimonio di conoscenze e di competenze più articolato e ricco di quanto non fosse in passato, capacità culturali e disponibilità affettivo-motivazionali ad una continua revisione dei repertori delle competenze acquisite durante la formazione scolastica e universitaria. L’accelerazione del tempo storico, l’instabilità temporale dei saperi appresi a scuola, rendono improbabile progettare un futuro soltanto sulla base del passato. Occorre promuovere l’acquisizione di un sapere aperto alle integrazioni e alle rielaborazioni, critico, flessibile, polivalente, consapevolmente gestito. Soltanto la qualità della formazione scolastica rende possibile la capitalizzazione del sapere appreso in forma autonoma e attraverso vari percorsi di formazione, la capacità di comprensione della realtà complessa e l’autorientamento del soggetto.

· La società multietnica e multirazziale rischia di produrre fenomeni di intolleranza e di incomprensione: bisogno di comunicazione aperta e costruttiva tra le diversità.

· La prevalenza di lunguaggi e codici espressivi non verbali tende ad indebolire il linguaggio scritto e parlato.

· Lo sviluppo prepotente di nuove tecnologie ed il superamento da parte della scienza di barriere prima impensabili, richiede al giovane scelte ponderate, autonome e consapevoli.

Il documento dei saggi sottolinea la centralità nella formazione nel giovane di capacità di comprendere le trasformazioniin atto, di difesa dai condizionamenti dei media. La filosofia è in grado di contribuire in modo determinante alla formazione di una "soggettività propositiva e critica", capace di esercizio responsabile della libertà attraverso la riflessione, il ragionamento, la comunicazione. Questa peculiare potenzialità formativa della filosofia, la sua capacità di comprendere, costruire, criticare con argomentazioni e discorsi fondati, di dare significato alle esperienze, motiva la proposta dei saggi di inserire il suo insegnamento persino nella scuola dell’obbligo.

La scuola è chiamata a delineare una mappa delle strutture culturali di base, per il successivo sviluppo della capacità di capire, fare, prendere decisioni, progettare e scegliere il proprio futuro. Un impianto formativo che riconosca il valore imprenscindibile della tradizione storica, da porre in relazione con la contemporaneità e con il contesto culturale e sociale, deve essere in grado di promuovere conoscenze, abilità e competenze significative, di base, sistematiche, stabili, capitalizzabili.

Anche la filosofia deve essere insegnata come un "campo di significati", come un sapere capace di coinvolgere gli studenti sul piano cognitivo e affettivo-motivazionale, quindi in qualche modo in stretto rapporto al "curricolo implicito" e alle loro esperienze pregresse, appreso in modo consapevole e operativo, capace di offrire un orizzonte intersoggettivo ma anche un senso personale.

La filosofia è un sapere di base se viene appresa in relazione ai suoi snodi concettuali, allo statuto epistemologico e al tessuto semantico, sintattico, storico.critico che la costituisce.

E’ un sapere sistematico, stabile e capitalizzabile in quanto capace di strutturare reticoli di conoscenze entro cui organizzare informazioni, esperienze acquisibili in qualunque contesto di vita, di studio e di lavoro, che consente di comprendere e intepretare il nuovo, spemdibile per acquisire ulteriore sapere odare senso al sapere che si è acqusiito, per risolvere problemi di vita e di lavoro.

 

2. Idee consolidate e nuovi percorsi di ricerca in didattica della filosofia

Noi abbiamo ormai dei principi generali di didattica della filosofia largamente condivisi . Si tratta di fondarci su questi principi già acquisiti per seguire nuove vie di ricerca. Il problema deidocenti di filosofia è di mettere in comunicazione la ricchezza della filosofia e i giovani delle nuove generazioni. Faccio cenno ad alcuni di questi principi e ad alcuni indirizzi di ricerca che potrebbero impegnarci.

· La filosofia si insegna e si apprende attraverso un’esperienza di filosofia, incentrata sul dialogo con gli autori attraverso i testi. Lo studente può apprendere contenuti e forme di ricerca della filosofia confilosfando con gli autori: i testi sono la testimonianza dello loro ricerca in fieri. Per rendere possibile un’esperienza di filosofia il docente deve essere capace di sapiente mediazione didattica. I docenti sono chiamati a mediare tra filosofia e la vita degli studenti, il loro senso comune, i loro linguaggi ordinari e i loro approcci e stili cognitivi, espressivi e comunicativi, altri linguaggi disciplinari. Non è facile nè scontanto che si riesca a realizzare questa mediazione. La filosofia può contribuire a valorizzare le peculiari potenzialità degli altri linguaggi, concorrere a dare loro un senso specifico. La filosofia può dare unità provvisoria, rigore e precisione ai vari linguaggi sia per quanto attiene alla loro fondazione, sia per quanto attiene alla struttura del discorso.

· In didattica della filosofia viene richiesto al docente uno sforzo di attenzione, di studio e di capacità di ascolto: il problema della comunicazione è prioritario. Se non si riesce a comunicare con i nostri studenti, non si potrà offrire loro neanche la possibilità di trasformare aspetti della loro personalità attraverso l’esperienza di filosofia. La sfida che i docenti devono accettare è quella di individuare nella stessa filosofia una ricchezza di forme e contenuti per comunicare.

 

3. Il linguaggio e i "i giochi" della filosofia

Non dimentichiamo che il linguaggio attribuisce ordine e offre comunicabilità a rappresentazioni, idee, affetti, desideri, immagini, ricordi ecc. Il linguaggio non rispecchia la realtà interiore ma in un certo senso la costituisce nel momento in cui la ordina, la esprime e la comunica. Noi in qualche modo siamo, ciò che pensiamo, ciò che narriamo, ciò che comunichiamo di noi stessi.

Il linguaggio con le sue regole attribuisce ordine e offre comunicabilità alle rappresentazioni, affetti e sentimenti, desideri, immagini, ricordi, ecc.; le rappresentazioni costituiscono la primaria organizzazione interna stabile, la mappa interna che raccoglie ed integra tutte le immagini mentali e le disposizioni relazionali che ciascuno ha di sé e degli altri.

La parola arricchisce e dilata il mondo rappresentativo, che a sua volta, trasforma il complesso dell’esperienza non verbale. Sensazioni, percezioni, sentimenti, cognizioni, insieme costituiscono atomi di pensiero.

Il linguaggio attribuisce ordine, arricchisce e dilata il mondo rappresentazionale, che a sua volta trasforma il complesso patrimonio dell’esperienza non verbale. Sensazioni, percezioni, immagini, cognizioni, concetti costituiscono insieme atomi di pensiero su cui agiscono la riflessione e il ragionamento. Un genere letterario non è un elemento esterno al contenuto, ma un modello mentale attraverso cui si invita ad un modo di usare il contenuto e di comunicare con esso.

L’apprendimento e l’uso di tecnologie della parola comportano una modalità d’uso del pensiero, una forma di ordinamento-espressione del pensiero, una forma di comunicazione.

Le forme del pensiero sono pratiche dipendenti anche da tecnologie dell’uso della parola e del discorso, che la coscienza umana nel suo sviluppo storico interiorizza facendone parte del proprio processo di riflessione. Il lettore di un testo è catturato dalla forma del testo e nel processo di lettura-intepretazione è invitato ad usare determinati atteggiamenti, determinati modi di approcciare i problemi, di organizzare e di esprimere i pensieri e le emozioni.

In questo senso un genere letterario di un testo non è un fatto esterno al contenuto: i contenuti sono organizzati in modi funzionali alla loro fruizione. Il genere e il codice espressivo costituiscono un invito ad usare i contenuti in un certo modo, precostituiscono gli atteggiamenti e le intenzioni della riflessione e della comunicazione, i modelli mentali attraverso cui guardare ad alcuni aspetti della realtà dell’esistenza e della coesistenza umana, evocati dal testo scritto.

Platone rimane il maestro consapevole della problematicità della questione: usa le forme del mito, della poesia, del racconto, della rappresentazione; nei dialoghi il logos, l’emozione, l’immaginazione concorrono nell’attività della ricerca filosofica.

A scuola nell’ora di filosofia i ragazzi devono avere la possibilità di essere accettati per quelli che sono. Devono poter esprimere se stessi perché l’insegnamento della filosofia sia per loro significativo.

Questo impegna sul piano metodologico a richiamare i problemi del presente e della realtà degli studenti cogliendoli attraverso la valorizzazione di una pluralità di linguaggi, verbali e non (linguaggio dei concetti e degli argomenti, linguaggio delle immagini e delle emozioni, linguaggio dell’espressione poetica, e artistica in genrale, e linguaggio rigoroso paradigmatico delle scienze, ecc.).

Come ci ricorda Platone nel Fedro, tutti i linguaggi che hanno come oggetto le cose importanti della vita sono giochi belli e utili. La filosofia può essere il gioco più bello di tutti se vi si riferisce in qualche modo e , nel rispetto della loro insostituibile peculiarità, dialoga con essi e li arricchisce, li dilata, li completa, se dalla sua angolatura prospettica offre problematicità, senso, valore.

Nel processo di ricerca Platone mostra di utilizzare tutti gli strumenti del gioco della ricerca. Platone definisce bello il gioco della scrittura che consente la costruzione della memoria, ma bellissimi giochi (paidìa) quelli che, attraverso forme sia orali sia scritte, servono a raccontare e a scrivere discorsi e miti sulla giustizia e su altri temi importanti come questi (Fedro,276b-277a). Subito dopo definisce ancora più bella e seria l’attività della ricerca scritta nell’anima, quella che mediante la razionalità dialettica tende ad acquisire consapevolmente la verità scientifica, (la ricerca vivente del filosofo). Il processo del ricercare serio è descritto attraverso la metafora del seminare in un terreno adatto e in un modo che produca frutti duraturi. Ma in Platone non sembra esserci contradizione tra il gioco e la serietà della ricerca: tra il raccontare e lo scrivere, in forme e in modalità diverse, sulle cose importanti della vita e il gioco "bellissimo" del filosofare dialettico.

Lo stesso Platone valorizza molteplici forme del rappresentare, del narrare e dello scrivere, legate anche all’uso della fantasia, dell’immaginazione e dell’emozione, come medium per evocare idee e per coinvolgere le anime nei processi di ricerca. Il fattore discriminante, nel valutare i mezzi della ricerca, è costituito dalla finalizzazione del loro uso alla ricerca della verità, all’amore per il sapere, per il bello, per il giusto e per il vero. Il metodo razionale dialettico diairetico garantisce l’accesso alla verità, ma i bei giochi possono costituire mezzi importanti per la ricerca della verità e per la formazione alla ricerca filosofica. Platone usa il mito, narra e poi ragiona dialetticamente; molte sono le vie, anche fantastiche, leggere, suggestive, esteticamente attraenti, attraverso cui tenta di trasportare le anime in un mondo possibile di senso, alla ricerca di idee e di concetti veri. Tutti i giochi, anche se a volte parzialmente fondati su elementi non concettualmente definibili in modo trasparente, masu elementi indeterminati e plastici, possono essere belli se riescono a rapire le anime, ad orientare il cammino della ricerca verso la verità.

In didattica della filosofia si può ritenere come gioco la stessa esperienza di apprendimento della filosofia in classe, in quanto un’esperienza virtuale di filosofia: a partire dal testo e da se stessi, attraverso una continua oscillazione-mediazione tra orizzonte storico-esistenziale quotidiano e filosofia, tra senso comune e concetti filosofici, lo studente fa l’esperienza del confilosofare, in cui, guidato dall’autore, può viaggiare dentro al mondo di senso e al laboratorio di ricerca dei grandi autori, ripercorrere le loro vie di ricerca, e apprendere contenuti e modi della filosofia.

In questa direzione gli scritti degli autori possono divenire veri logoi scritti realmente nell’anima, capaci di germogliare, di difendersi da sé, senza il soccorso di chi li ha generati (Fedro,275e), possono promuovere capacità di pensiero autonomo.

 

4. L’insegnamento della filosofia e la pluralità dei linguaggi in conflitto

Oggi , paradossalmente, nelle nostre scuole si pongono problemi non molto dissimili da quelli che ha dovuto affrontare Platone nel suo tempo. Nella scuola oggi è possibile un conflitto tra linguaggi, codici, modi di pensare e comunicare diversi. Si afferma una molteplicità di codici comunicativi mutuati dai curricoli impliciti televisivi, musicali, del tempo libero, cioè fondati sull’immagine, sull’immersione nel suono, sentito con il corpo e con il sentimento, sui linguaggi del corpo (piercing, capelli,abbigliamento,eccc.), dell’informatica e della telematica (ipertestualità, cogestione di informazione e immagine,suono, logica di associazione, e così via).

Vi è una pluralità di modelli, di tecnologie del pensiero e della comunicazione, di media, diversi certamente diversi da quelli che gli insegnanti, e gli adulti in genere, hanno usato e usano normalmente per se stessi. In genere gli insegnanti adulti si sono formati, implicitamente o eslicitamente, informalmente o formalmente, dentro la cultura plasmata dalla scrittura tipografica.

Nei giovani tendono oggi a prevalere linguaggi emozionali, fantastici, analogici, impressionistici, televisivi. Tendono ad affermarsi approcci cognitivi, stile espressivi e comunicativi in cui l’appartenenza emotiva , socio-affettiva, estetica prevale sulla razionalità concettuale e sulla criticità (alcuni parlano di una seconda oralità), in cui la dimensione del presente immediato prevale sulla prospettiva storica e sul futuro da progettare, di cui si ha paura.

Oggi siamo nel pieno di una mutazione generazionale: approcci cognitivi, stili di pensiero, modi e codici espressivi, comportamenti comunicativi sono plasmati da una molteplicità di fonti di informazioni e di media. Uno stesso soggetto può utilizzare una molteplicità di modalità comunicative e con corrispondenti atteggiamenti mentali: oralità primaria, alfabetizzazione (libro) oralità di secondo grado (radio, teatro, dialogo filosofico), linguaggio iconico orale (televisione), orale-iconico-fonico(discoteca?), linguaggio scritto iconico(mezzi informatici). Con la multimedialità è difficile tenerli separati. Il problema è che non vi è una crescita armonica della capacità di padronanza della molteplicità dei linguaggi, e questo può costituire un problema. Siamo in una fase in cui vi sono grandi opportunità per un nuovo "rinascimento" per quanto riguarda l’uso delle potenzialità umane e nello stesso tempo grandi rischi di impoverimento. Se la scuola non si attrezza adeguatamente, è possibile che i vari linguaggi e i vari modi di usare il pensiero entrino in conflitto tra di loro con conseguenze gravi sull’educazione.

La scuola secondaria è ancora fondata sul testo tipografico, sul libro (scritto male), sulla trasmissione delle informazioni, attraverso la parola detta dal docente e ascoltata dagli studenti, sulla fissità e sull’immobilità dello spazio e del tempo scolastico, quindi sulla fissità dei contesti comunicativi. Si finge di parlare ancora la stessa lingua e di condividere gli stessi valori di fondo. La vita vera degli studenti, invece, spesso scorre fuori della scuola.

Nell’immediato futuro nelle scuole gli insegnanti di filosofia possono trovarsi davanti a questi fenomeni:

. alla fuga davanti allo scritto e all’etica della scrittura: cioè fuga e resistenza alla concentrazione, alla separazione, all’astrazione logica, alla concettualizzazione dei pensieri, ecc.

. all’impoverimento della forma espressiva di studenti che usano poche parole, pochi concetti, che comunicano in modo prevalente attraverso l’immagine e il suono, che si esprimono attraverso l’allusione e l’associazione impressionistica;

. alla resistenza degli studenti davanti allo studio silenzioso individuale;

. davanti alla fuga dalla lentezza della riflessione e della discussione, della ricerca razionale stessa.

Vi è il rischio che i giovani, se la mediazione didattica non funziona, vivano con ostilità la stessa cultura fondata sullo scritto, quindi anche la filosofia.

Il rischio di perdere la sfida della formazione del 2000 esiste. La scuola perde di significatività nella scala di valori e degli interessi dei giovani. Le informazioni si possono prender dovunque, la vita scorre fuori della cultura e delle aule scolastiche; le diversità cognitive e comunicative rendono difficile la comunicazione. La scuola rischia di diventare "superflua", un dovere da assolvere formalmente, senza interesse. I giovani tra non molto tempo non ci saranno nemmeno fisicamente nelle aule se non ritrovano interesse e motivazione per la scuola.

La scuola rischa di tramettere scritti morti, strumenti di mera memoria meccanica, di cultura filosofica da salotto, di trasmettere un sapere inutile accumulato senza fame, di alimentare schizoidi separazioni tra sapere e vita, tra immagini sfolgoranti dei media e pensiero critico, tra gioco, pathos, e desiderio di autenticità, di verità, in cui necessariamente deve avere spazio il theorein. Si rischia di relegare la ricerca della felicità delle nuove generazioni al di fuori dell’orizzonte della ricerca autentica della propria identità, della autentica ricerca di senso per sé, per gli altri, per il mondo.

Il problema è guidare i percorsi di ricerca con razionalità, in modi controllabili e coerenti, non permanere soltanto nelle alte cime della fantasia e nelle caverne dell’emozione. La separazione e la chiusura in sé della riflessione, della valutazione, del pensare intimo deve trovare sbocco nel ragionamento e nel confronto gestito con coerenza logica, non contraddittoria, che raccolga in unità sensata provvisoria la molteplicità degli elementi pensati e li renda disponibili alla comunicazione, al confronto e alla confutazione.

Nell’insegnamento della filosofia occorre creare condizioni didattiche che consentano l’esperienza della ricerca filosofica e della comunicazione filosofica in classe a partire dai testi degli autori. Un’esperienza di ricerca in comune, nella forma del "laboratorio di filosofia" in cui utilizzare una molteplicità di modelli, di stili cognitivi ed espressivi, di linguaggi nel filosofare e in cui far prevalere una dimensione qualitativamente filosofica del tempo, in cui si sviluppi un giardino dei pensieri.

Da Platone impariamo che tutti i giochi, appartenenti anche a diversi generi, al di là delle fiscali divisioni in discipline scolastiche, orali e scritti (scritti tipografici, manoscritti, ipertesti, audiovisivi che riscoprono la seconda oralità, mezzi multimediali che coniugano diversi media in sé) che hanno come oggetto la riflessione su "cose importanti", costituiscono utili occasioni e strumenti per imparare a filosofare e cercare la verità, purchè divengano elementi da scrivere nell’anima attraverso un’esperienza di ricerca filosofica.

I mezzi e i linguaggi che possiamo utilizzare in filosofia non sono né belli né brutti in sé; tutto dipende dall’uso e dalle finalità cui sono destinati, tenendo presente che i media non sono solo strumenti tecnici, ma implicano una logica con cui pensare e comunicare.

L’apprendimento della filosofia in esperienze di ricerca, centrate sulla scrittura nell’anima, è impossibile se non si realizzano esperienze scolastiche fortemente partecipate, che siano luoghi di negoziazione, di incontro e di elaborazione della vita, in cui acquisire elementi per dare senso e valore alle cose, in cui costruire un’identità forte, progettare il futuro insieme anche al mondo degli adulti.

Accettare la sfida dell’uso della pluralità dei linguaggi non significa rinunciare alla forza della riflessione e dell’astrazione concettuale, del ragionamento argomentato e coerente, tipico del filosofare. In classe è possibile valorizzare e integrare una molteplicità di modi di pensiero e di comunicazione e porre nello stesso tempo, una nuova attenzione alla centralità del linguaggio alfabetico della scrittura e delle sue abilità.

Nell’insegnamento della filosofia bisogna riscoprire il rapporto con le altre discipline, come giochi seri della ricerca su temi seri e importanti della vita, sia con quelle che hanno struttura narrativo sia quelle a carattere scientifico.

La dimensione narrativa, che può avere anche una dimensione estetica e usare più codici simbolici ed espressivi, rappresenta le vicissitudini dell’esistenza umana in modo dinamico, drammatico, aperto, aggancia il senso comune dei giovani, mette in scena i problemi e le questioni.

L’apprendimento di contenuti, di metodi, di atteggiamenti, di abilità tipiche della ricerca scientifica, rinforza negli allievi la maturazione di capacità e abilità del ragionare rigoroso e coerente. Con gli insegnanti di altre discipline si può dialogare alla frontiera, lavorare insieme su temi e problemi,da affrontare da prospettive a con linguaggi diversi, fare esperienze in cui coniugare conoscenza e ricerca filosofica, con cui collaborare per sviluppare sensibilità per la problematizzazione e per la ricerca, il gusto della scoperta.

L’uso di una pluralità dei linguaggi non snatura la peculiarità del filosofare. Lo studente a scuola apprende un modo di filosofare in cui la ragione dialettica, logica e coerente, che chiede e dà ragione, coordini in modo leaderistico i pensieri e gli elementi patici dell’interiorità, li leghi insieme in modo controllabile, coerente, comunicabile, discutibile e confutabile. Non occorre più che allo studente di filosofia, nelle esercitazioni in classe, si richieda di disunire fatti e idee, ragione ed emozione, fantasia e rigore logico, pensieri e sentimenti. La narratività e la dialogicità platonica ci insegna che l’anima dello studente va coinvolta nella ricerca realizzando condizioni di un viaggio virtuale attraverso una molteplicità di giochi . Nell’esperienza del confilosfare lo studente a partire dai testi dei filosofi, ripercorre le vie della ricerca già attraversate dagli autori, rivitalizzando loscritto attraverso una pluralità di tecnologie della parola e della comunicazione, partecipando in modo attivo e coinvolgente, acquisisce contenuti e modelli di pensiero, modelli di ragionare, mondi di senso, utili per pensare in proprio.

Scrittura, iperscrittura, linguaggio delle immagini, multimedialità, devono essere usati con flessibilità in un’attività programmata di ricerca, in cui i giovani devono avere la possibilità di entrare nei testi degli autori e di uscirne in molti modi.

Oralità, scrittura, seconda oralitànon si escludono a vicenda ma si rafforzano in modo complesso e organico. Il problema è quello di salvaguardare uno sviluppo armonico e organico delle logiche e dei codici peculiari che sottendono l’uso dei media e delle varie tecnologie della parola. Penso ad un’aula di filosofia, in cui si realizzi un clima didattico-relazionale tipico del "laboratorio" , del "gruppo di ricerca",che somigli ad un "giardino dei pensieri", in cui si narri e si ragioni, si rappresenti e si discuta, si immagini e si discuta, si affermi e si critichi, si potenzi l’identità personale e si cerchi la costruzione comune del pensiero, come accade nei dialoghi platonici, o come noi immaginiamo che potesse accadere nel giardino di Epicuro.

 

5. Organizzare la ricerca e la comunicazione nella ricerca: andare insieme sui sentieri futuri

Noi docenti di filosofia dobbiamo garantire la nostra partecipazione responsabile ai processi di trasformazione della comunicazione nell’insegnamento della filosofia nella scuola e nella società di massa, contribuendo con le nostre proposte e le nostre ricerche a individuare correttamente i problemi e a proporre adeguate soluzioni, in continuo confronto e dialogo con le istituzioni e con i soggetti coinvolti.

Oggi esiste una situazione di frammentarietà, di produttiva e di creativa anarchia. Non si tratta di mettere in atto operazioni superate di centralismo democratico nella galassia della ricerca e dell’innovazione esistente nel nostro paese in didattica della filosofia, che del resto è impossibile e inconcepibile. Ma si può tentare di costituire occasioni di coordinamento e comunicazione nella ricerca. Dobbiamo almeno tentare di migliorare la comunicazione e il confronto. Dobbiamo tentare di creare occasioni di ricerca in comune, di lavoro cooperativo, di conoscenza e di confronto.

Del resto creare strutture e occasioni di ricerca e di comunicazione può consentire ai ricercatori interessati di portare contributi significativi, di intervenire, di partecipare, di "mettersi in rete", di imparare, conoscere, scambiare, rendere partecipi gli altri di quello che si sta facendo. Si tratta di consolidare e di rafforzare questi rapporti, di allargare la rete della comunicazione nella ricerca anche con i nostri colleghi di altri paesi europei, potenziando a tal fine la collaborazione tra scuola secondaria e università.

E' necessario organizzare lo sforzo di ricerca, di studio, di elaborazione di proposte in tempi adeguati alla rapidità dei processi di cambiamento, organizzare le risorse umane e strutturali esistenti; cerchiamo di utilizzare le agenzie, le strutture organizzate che già esistono per promuovere l’aggregazione e la comunicazione nella ricerca. Non dimentichiamo che accanto alle Riviste come "Comunicazione", il Bollettino Sfi, Insegnare Filosofia, ecc., esistono le sedi Sfi decentrate in tutte le province d’Italia, le sedi dei Corsi Biennali di specializzazione dei docenti di filosofia che stanno nascendo in tuta l’Italia, centri di ricerca dentro le Università (sta nascendo, tra l’altro, un Centro Interuniversitario di ricerca sull’Insegnamento della filosofia che vede riunite le Università di Bari e di Padova). E’ giunto il momento di tentare un coordinamento tra tutte queste realtà, una rete dinamica e aperta di comunicazione.

Le Scuole Biennali di Specializzazione presso le Università costituiscono storicamente i primi tentativi del sistema nazionale di Istruzione di offrire una formazione iniziale dei docenti di filosofia adeguata culturalmente eprofessionalemente ai bisogni formativi delle generazioni del nostro tempo. E’ una grande sfida per la scuola del ‘2000. I modelli di formazione e i curricoli sono stati preparati o sono in corso di elaborazione. Credo che si definiranno al meglio negli anni anche sulla abse delle esperienze dei primi anni. Esistono esperienze già accumulate in altri paesi europei , che dovrebbero offrire suggerimenti preziosi alle nostre università riguardo alle forme e ai percorsi formativi, alla struttura degli insegnamenti , alle forme di organizzazione dei laboratori e ai modelli di funzioanamento dei tirocini pratici. Non sappiamo sino a che punto le università realizzeranno veramente, come suggerisce lo spirito della legge che ha istituito le Scuole di specializzazione, forme di comunicazione biunivoca tra università e scuola, tra ricerca, formazione e prassi educativa; sino a che punto si ricorderanno che la scuola è non solo luogo di applicazione di modelli educativi elaborati altrove, ma essa stessa ormai fonte di conoscenza e luogo di produzione di sapere sulla professionalità docente.

E’ questo il motivo per cui la Comissione Didattica Nazionale della Sfi ha deciso di orientare i lavori di un dipartimento di ricerca sulla formazione iniziale degli insegnanti di filosofia. Si spera che la ricerca e l’esperienza che viene dalla scuola militante comunichi con la ricerca e la formazione che si realizza nell’università.

La Commissione Didattica Nazionale della Sfi, nella riunione tenutasi nell’autunno dello scorso anno, decise di istituire piccoli Dipartimenti aperti alla partecipazione di agenzie e soggetti che si occupano di didattica della filosofia o di ricerca di base. Questi dipartimenti dovrebbero assolvere ad una funzione di coordinamento e di aggregazione. Ne sono stati varati due per il momento sui seguenti argomenti:

 

1) Modelli e tecniche del pensiero, della comunicazione e del linguaggio filosofici

2) La formazione iniziale e in servizio dei docenti di filosofia

· Il primo Dipartimento ha come responsabile il prof. Fulvio .C. Manara:

· Il secondo Dipartimento ha come responsabile il prof. Armando Girotti.

Il coordinatore della Commissione Didattica Nazionale della Sfi, ovvero il sottoscritto, Mario De Pasquale, cercherà di tenere le fila dei lavori dei dipartimenti.

Al più presto i responsabili dei dipartimenti di ricerca presenteranno sinteticamente su questa rivista almeno le bozze dei programmi di ricerca. Chiunque sarà interessato potrà partecipare ai lavori e potrà inserirsi in una rete di ricercatori all’opera.

Invito i colleghi interessati ad uscire dall’anonimato e a partecipare attivamente alla ricerca.

In seguito i coordinatori organizzeranno gradualmente la rete della comunicazione. Cercheremo di definire, se riusciremo a reperire le risorse necessarie, anche dei momenti di incontro, in cui i soggetti della ricerca saranno coinvolti in attività di seminario, di laboratorio, di monitoraggio.

In questo momento siamo animati da desiderio di comunicazione e di ricerca; speriamo che il progetto di coordinarci nella ricerca riesca a decollare. Andiamo all’avventura e vedremo!

 

Mario De Paquale