Torna al sommario di Comunicazione Filosofica Comunicazione Filosofica n. 6 - novembre 1999
Valeria Novielli Giordano Bruno e la filosofia della natura
Nei giorni 2, 3 e 4 settembre 1999 si è svolto a Bertinoro, organizzato dalla Sezione SFI di Bologna Emilia- Romagna in collaborazione con la Facoltà di Lettere e Filosofia dellUniversità di Bologna, con lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e con lAssociazione culturale "Erasmo" di Imola, un seminario su "Giordano Bruno e la filosofia della natura". Con liniziativa si è inteso, quattrocento anni dopo la morte del filosofo, realizzare una sorta di bilancio della sua opera e dei contributi da essa offerti alla storia del pensiero, e più in particolare alla nascita della scienza moderna, con intuizioni o "anticipazioni" di motivi propri del sapere filosofico e scientifico del Seicento. Paolo Rossi nella relazione introduttiva (Tradizione ermetica e filosofia della natura) ha sottolineato limpossibilità di interpretare in termini di continuità il passaggio dal sapere magico-ermetico alla scienza moderna evidenziando, daltra parte, limportanza del contributo che il pensiero ermetico ha fornito allaffermazione della scienza e del suo metodo, sconvolgendo lassetto paradigmatico del sapere tradizionale, ancorato alla tradizione aristotelico-scolastica. In tale contesto ha poi colto le affinità ed i punti di contatto tra lo "stile di pensiero" dei maghi rinascimentali ed alcune concezioni bruniane: dallidea che il mondo naturale sia "animato" allassunzione della sostanziale unità della natura, allaffermazione dellanalogia tra microcosmo e macrocosmo, alla convinzione che fosse possibile "agire" su persone e cose, convinzione che precorre la concezione moderna del sapere come possibilità di intervenire sul mondo per trasformarlo. La nozione ed il ruolo della filosofia, riconsiderati alla luce delle importanti novità che il copernicanesimo da una parte, il recupero del pensiero degli "antichi" dallaltra avevano introdotto nella discussione sulle possibilità conoscitive delluomo e sul rapporto tra conoscenza e verità (intesa in senso sia epistemologico che metafisico), hanno costituito il fulcro della relazione di Lucia Vianello (Analisi di unopera: De la Causa, Principio et Uno). Secondo la relatrice il policentrismo cosmico bruniano si traduce, nella considerazione dei processi conoscitivi, nellassunzione di prospettive diverse, eppure vicendevolmente integrantesi, da cui guardare la realtà. La filosofia, pur nella consapevolezza dellinsufficienza e parzialità della ragione umana e dei punti di vista soggettivi, deve sforzarsi in una ricerca faticosa e continua - di cogliere il senso dellUno che si manifesta nelluniverso naturale, mettendo in atto strategie conoscitive diverse, adeguate alla realtà proteiforme del mondo, riflesso visibile della natura inesauribile della divinità. Occorre perciò che la filosofia indichi vie, metodi, procedure che consentano di riconoscere, oltre la molteplicità fenomenica, la struttura profonda del reale, lanima delluniverso che tutto collega ed unisce in ununica rete. La filosofia deve, inoltre, farsi carico di un riesame e di una verifica degli strumenti logici tradizionali, a cominciare da una ridefinizione delle categorie aristoteliche e dei "campi semantici" di nozioni centrali in Aristotele (ad es. quelle di forma e sostanza, potenza ed atto) divenute ormai equivoche o prive di contenuto. Per questa via Bruno potrà giungere alla conclusione che anima e materia, Dio e mondo coincidono, sicché la loro identità è il principio di vita e di unità delluniverso. Pietro Capitani (Riforma morale, riforma religiosa e riforma del sapere) ha ripercorso la storia di Bruno e della sua opera, assumendo come prospettiva dindagine lesigenza, centrale per il Nolano, di procedere ad una "riforma" non solo del sapere, ma anche delletica e delle istituzioni, alla luce delle conclusioni filosofiche che è possibile trarre da uninterpretazione non riduttiva delleliocentrismo copernicano e di alcune idee della tradizione platonica e neoplatonica. Capitani ha quindi individuato quattro aspetti della "riforma" bruniana, che costituiscono il centro della sua riflessione, dalla Cena delle Ceneri allo Spaccio della Bestia trionfante ed agli Eroici Furori. Anzitutto lidea di una riforma "cosmologica" e del sapere, derivante dallinterpretazione del pensiero di Copernico come autentica eversione del geocentrismo e dellantropocentrismo; ne consegue la necessità di un nuovo modello di sapere in grado di sgomberare il terreno della cultura filosofica dalla teologia esegetica per fondare una filosofia "ateologica" ed una teologia "naturale", basata sullidentità tra Cosmo e Dio. A ciò si aggiunge la duplice necessità di una riforma "etico-politica" ed "etico-religiosa": da una parte, sulla scorta di alcune indicazioni di Machiavelli, è opportuno considerare le questioni della morale terrena nellottica di una "religione civile" ed attribuire valore a ciò che più giova alla comunità degli uomini; dallaltra, va riconosciuta, sia pure in una dimensione utopica, lesigenza di una rivisitazione critica dei dogmi della religione. A ciò si connette, infine, lesigenza di una riforma "religioso-istituzionale" che consenta, in un momento storico connotato dalla contrapposizione tra lortodossia cattolica e le religioni riformate, di riconsiderare criticamente i valori delle istituzioni religiose e la loro coerenza con quelli del "mondo nuovo". Sui rapporti tra lopera di Bruno e la scienza galileiana si è soffermato anche Pietro Redondi (Citare ed emulare: a proposito di Bruno e Galilei). Prendendo le mosse dalla costatazione che Galilei nei suoi scritti non cita Bruno e le sue opere, né sembra riconoscere il filosofo nolano tra le sue "fonti", Redondi, riproponendo una questione già sollevata da Kepler e poi ripresa da Lagalla e Campanella, si è interrogato sulle ragioni di tale silenzio per concludere, alla luce di una attenta rilettura delle opere dei due autori e del dibattito sviluppatosi sulla questione negli scorsi decenni, che se vi sono alcuni buoni motivi per ritenere che Galilei (il quale dabitudine non menzionava in maniera esplicita le sue fonti o i suoi interlocutori) conoscesse il pensiero di Bruno ed avesse avuto occasione di leggerne alcuni scritti, non è possibile daltra parte individuare motivi o argomenti capaci di attestare un rapporto di ideale continuità e filiazione tra Bruno e Galilei. Le analogie più significative, quelle che consentirebbero di ipotizzare uneffettiva influenza di Bruno su Galilei, possono esser colte, secondo Redondi, nella connotazione letteraria e pedagogica delle rispettive maggiori opere copernicane (la Cena delle Ceneri ed i Dialoghi sopra i due massimi sistemi ) e, più in particolare, nella presentazione in esse di un esperimento immaginario in chiave narrativa. Sia Bruno che Galilei infatti adottano, per presentare le loro concezioni cosmologiche fondate sul paradigma copernicano, la forma letteraria del dialogo, ricorrendo talvolta ai medesimi espedienti retorici o alle stesse forme stilistiche; in entrambe le opere, poi, viene presentato, a sostegno della tesi della relatività dei moti, lesperienza ideale della caduta di una pietra dallalbero di una nave in movimento. Lampia e documentatissima relazione di Redondi si è conclusa con alcune considerazioni sulliconografia dellopera bruniana e sul significato che limmagine di una nave sospinta dai venti inserita nelle Cena ad illustrare lesperimento ideale, immagine ricorrente nelle opere dei filosofi tra Rinascimento ed età moderna, poteva assumere in quanto rappresentazione metaforica del passaggio, a volte difficile e burrascoso, dalla tradizione ad un "mondo nuovo". Walter Tega (Retorica e arte della memoria) ha ricostruito, in una sintesi ampia ed efficace, il contesto storico-culturale in cui si collocano le idee di Bruno sulla conoscenza e sui metodi che consentono di perseguirla e di ampliarla. Nella sua relazione è stata evidenziata, in particolare, lesigenza (già espressa allinizio del sedicesimo secolo da Giorgio Valla e Poliziano) di rifondare e ristrutturare lenciclopedia del sapere, mettendo in discussione lorganizzazione gerarchica tradizionale, ancora dominata dalla teologia, e ridefinendo il significato della filosofia. Questultima viene ora chiamata a svolgere il ruolo di metodo, ratio e sintesi delle diverse forme di sapere. In un quadro teorico così delineato si collocano sia la concezione della dialettica espressa da Pietro Ramo che il recupero della mnemotecnica lulliana, la quale, insieme con lalchimia e la cabbala, avrebbe fornito basi, premesse teoriche e metodologia per la costruzione di nuovi ed originali "teatri del mondo", destinati a raccogliere e sistemare la sapienza mondana nella sua totalità. |