Torna al sommario di Comunicazione Filosofica

Comunicazione Filosofica n. 7 - luglio 2000

G. MORSELLI

L’incontro di Parigi

Docenti secondari di filosofia, francesi e italiani, si sono incontrati a Parigi dal 3 al 5 maggio per confrontare i loro metodi di insegnamento. L’iniziativa è stata promossa dai due Ministeri e organizzata dal Collège International de Philosophie, a partire da una fase preparatoria durata due anni, nella quale alcuni professori dei due Paesi si sono scambiati i modelli didattici da loro elaborati. Comunicazione filosofica ha già messo in rete nel numero 4 le unità didattiche elaborate con un lavoro di gruppo in due licei romani, rispettivamente sul mito in Platone e sul pensiero politico moderno. A queste proposte rispondevano i colleghi francesi con singole lezioni su diversi argomenti, alcuni dei quali erano analoghi a quelli trattati dagli italiani. Non è mancata la dimostrazione dal vivo, attraverso dei filmati, di come si svolgono le lezioni nelle classi dell’uno e dell’altro Paese.

Ma, come accade ogni volta che un’intenzione porta con sé grandi idee e quindi fa da volano a imprese complesse, cariche di significati, di aspettative, di protagonisti, l’incontro è diventato un’occasione per mettere a confronto due tradizioni che occupano un posto centrale nella cultura europea prima ancora che nella politica scolastica dei due Paesi. I quali, del resto, stanno entrambi affrontando processi di riforma scolastica analoghi e avendo all’orizzonte grandi sfide che vengono dai mutamenti epocali. Così le tre giornate sono state poste dinnanzi alla grande prospettiva di una cultura europea da costruire, e nel segno duplice del patrimonio che ne fa l’identità storica e delle dinamiche che la proiettano verso un incerto futuro. Come recita la presentazione del programma, tra professori francesi e italiani si sarebbe aperto un confronto da trasformare in un avanzamento sia delle rispettive tradizioni sia del reciproco riconoscimento, così da rispondere a quello che si presenta come un compito urgente.

Per questi motivi, il convegno non è stato limitato all’aspetto didattico ma ha avuto carattere prevalentemente politico e accademico, essendosi svolto come una rassegna di rappresentanti delle istituzioni e del pensiero ufficiale, e avendo trattato soprattutto le grandi problematiche che collegano la filosofia alla società civile attraverso l’educazione. Dopo un conveniente giro d’orizzonte tra istituzioni, dispositivi, programmi, metodi, il tema dominante delle tre giornate è divenuto quello racchiuso nel titolo della tavola rotonda di venerdì 5 maggio: L’avvenire della filosofia in Francia e in Italia: il superamento delle due culture e l’incrocio dei codici simbolici. A confrontarsi, tra relazioni, tavole rotonde, ateliers e dibattiti, sono stati studiosi molto noti come Jean-Luc Nancy, Jean-Claude Milner, André Tosel, Alain Renaut, Alain Pons da una parte e Enrico Berti, Remo Bodei, Salvatore Veca, Roberto Esposito, Luciano Canfora dall’altra. Più affollato (e perciò con tempi ristretti per gli interventi) il turno dei professori secondari: date le premesse, ciò è apparso a conti fatti inevitabile! Ispettori e direttori in buon numero rappresentavano l’apparato amministrativo francese, mentre l’ispettrice Anna Costantini Sgherri quello italiano.

Durante il ricevimento del giorno 4, nel prestigioso salone della Sorbona, hanno parlato il ministro dell’Education nationale Jacques Lang e l’ambasciatore italiano Federico Di Roberto, evocando le comuni radici umanistiche dei due Paesi e concordando sul grande impegno che i loro sistemi educativi si trovano ad affrontare e insieme sul fatto che, se Italia e Francia vorranno portare un decisivo contributo alla formazione dell’uomo, non potranno che continuare ad ispirarsi agli alti ideali della classicità.

Il bilancio del convegno, visto dalla parte della scuola italiana, se da una parte è positivo per la l’importanza degli obiettivi e per la novità del confronto a cui i partecipanti sono stati chiamati, dall’altra porta in sé un carico di interrogativi, e tra questi il più inquietante è certo quello sorto dall’avere sperimentato con i colleghi francesi la grande difficoltà dell’intendersi, e quindi dello scambio operativo sul medesimo terreno di ricerca, provenendo da due tradizioni di insegnamento tanto diverse. Non rimane che sperare che a questo primo incontro facciano seguito una serie di iniziative, e che non siano soltanto promosse in sedi ministeriali o accademiche, ma dalle scuole e dai singoli insegnanti.