La filosofia e il nostro presente
Attività della Sezione Friuli Venezia Giulia
di Beatrice Bonato
Nel 2015 la Sezione Friuli Venezia Giulia, con un direttivo rinnovato e con la collaborazione di un gruppo di soci sempre più numeroso, ha avviato un programma di lavoro su più linee, da un lato in continuità con la propria storia, dall’altro in sintonia con le mutate domande culturali. La prima direttrice è quella classica dell’approfondimento filosofico attraverso gli incontri seminariali, sempre pubblici, ma rivolti in particolare a docenti, studenti e ricercatori di Filosofia. In secondo luogo è stato consolidato il rapporto con le più importanti associazioni culturali della Regione, Vicino/lontano e Pordenonelegge, non solo attraverso la partecipazione ai festival di maggio e di settembre, ma anche con progetti dispiegati in un lungo periodo di tempo, volti a offrire alla cittadinanza occasioni non episodiche di riflessione e di dibattito di alto livello. In questo caso si sono scelti temi meno tecnici e più legati all’attualità, e si è cercato di imprimere agli incontri un taglio fortemente interdisciplinare, con la partecipazione, a fianco dei filosofi, di psicoanalisti, giuristi, antropologi.
Ѐ proseguito e si è intensificato il rapporto con le scuole, sia con lezioni tematiche e iniziative specifiche per gli studenti, sia con il supporto all’organizzazione della Summer School di Filosofia e Teoria critica a Grado, a cura della RETE per la Filosofia e gli Studi umanistici, sia con la partecipazione alle Olimpiadi di Filosofia.
Come ogni anno, la Sezione ha realizzato un Quaderno di “Edizione”, la cui uscita è prevista nei primi mesi del 2016 presso l’editore Mimesis. Il nuovo numero è a cura di Francesca Scaramuzza ed è dedicato a Paul Ricœur, che abbiamo avuto l’onore di ospitare più volte a Pordenone negli anni Novanta. Il volume ha lo speciale pregio di raccogliere numerosi scritti, anche inediti o non più disponibili, del grande filosofo francese, la cui pubblicazione è stata approvata dal Fonds Ricœur di Parigi. Vi si affiancano ampi contributi di riflessione su diversi aspetti del pensiero dell’autore, e alcune testimonianze dirette della sua profonda umanità.
Tra le molte attività svolte nel 2015, ne ricordiamo almeno due, sia per i temi trattati sia per il livello scientifico degli studiosi che vi hanno preso parte. Il primo è stato l'incontro conclusivo del ciclo "Le parole per dirlo", dedicato a Il totem del mercato e inserito all'interno del festival di maggio di vicino/lontano di Udine. Vi hanno preso parte Nicola Gasbarro, Giovanni Leghissa e Andrea Zhok. Con prospettive diverse, i tre studiosi hanno analizzato criticamente le basi della fiducia nel mercato, che resiste alla crisi economica e all’evidenza del dominio di pochi monopoli e della “dittatura” dei rating, nella contraddizione aperta tra appello alle regole e tendenza strutturale a violarle. Pare chiaro che il mercato funzioni come un dato di fede, all’interno di una vera e propria “religione del capitalismo”, come la definì Walter Benjamin. Che questo dipenda soprattutto dalla performatività del modello economico, o dall’intreccio ormai inestricabile tra economia e politica, o ancora da un’economia psichica in larga parte inconscia, è stata la questione più dibattuta tra i relatori e tra il pubblico.
Il secondo evento è la tavola rotonda Heidegger, il sintomo. Oltre i Quaderni neri con Carmine Di Martino, Fabio Polidori e Andrea Zhok, inserita all'interno del Festival Mimesis-Territori delle idee. Entrambi gli incontri sono stati moderati da Beatrice Bonato. Il secondo in particolare sottolinea l'attenzione per l'attualità che caratterizza le proposte della Sfifvg, ed è per questo che ne riportiamo una breve sintesi. Nel suo intervento Andrea Zhok ha esordito dicendo che con i Quaderni neri cambia la valutazione del “secondo” Heidegger, cioè del suo discorso complessivo sul pensiero calcolante – la scienza e la tecnica – alla luce del nesso che egli qui pone, nei pochi ma inequivocabili passaggi antisemiti, tra ebraismo, sradicamento e processo di declino dell’Occidente. Cadono sotto questo sommario giudizio le filosofie di tipo dimostrativo, compresa quella di Husserl. Qui si misurerebbe la distanza tra Husserl e Heidegger, poiché nel primo la critica dell’obiettivismo non è mai diventata critica della scienza. Le scienze dicono il vero, anche se hanno perso il rapporto con il senso. Il limite di Heidegger sarebbe il suo canone interpretativo, fermo a Herder, che lo porta a leggere la storia come storia di popoli-nazione, attraverso astrazioni quali la “grecità”, la “russità”, altrettanto arbitrarie del più nefasto cliché dell'”ebraismo” internazionale. Partendo dalla questione della scienza Fabio Polidori ha espresso subito un certo disaccordo rispetto a un giudizio così definitivo, facendo osservare come Heidegger non metta in discussione la validità della scienza, piuttosto l’atteggiamento dell’uomo contemporaneo verso di essa. Le scienze per lui hanno una provenienza non scientifica, bensì filosofica. Tuttavia, per come sono strutturate, le scienze tendono ad allontanarsi dalla loro provenienza. Cosa vuol dire ad esempio la famigerata affermazione “La scienza non pensa”? Essa non pensa il dato di cui si occupa né il modo in cui opera rispetto al dato naturale. Il calcolo ci allontana da una meditazione sulle scienze. Heidegger dunque ci richiama a questa provenienza, all’originario, alla verità dell’essere. Con la impostazione critica di Zhok convergeva invece, almeno in parte, Carmine di Martino. L’antisemitismo identificato con l’attitudine al calcolo e con lo sradicamento è infatti a suo avviso il frutto di un pregiudizio cui si sovrappone una grande semplificazione di filosofia della storia, che trascura la complessità della storia effettuale. La lettura dei Quaderni neri modifica dunque l’interpretazione della “storia dell’essere”, un filosofema heideggeriano del quale dovremmo liberarci. Sarebbe invece troppo tardi, ha osservato Di Martino, per liberarci di Heidegger medesimo, visto quanto profondamente la sua riflessione ha innervato le maggiori correnti di pensiero del secondo Novecento. Ammesso di volercene liberare, il che non è in realtà necessario. Restano infatti valide la sua fenomenologia dell’umano, la sua considerazione della scienza come un sapere legato a “decisioni iniziali”, che ne impedisce l’assolutizzazione, infine la sua attenzione alla tecnica, rispetto alla quale non c’è una semplice critica, tantomeno un atteggiamento di rifiuto o di condanna.
L’anno appena trascorso ci ha visti infine impegnati nell’ideazione e nell’organizzazione, per il 2016, del ciclo di incontri Colloqui sull’individuo, inserito nel progetto della SFI “Tradizione e contemporaneità”. Oltre a sostanziare il legame della Sezione Fvg con la Società nazionale, il progetto sarà valorizzato grazie alla partnership con l’Università di Udine, il Teatro Nuovo Giovanni da Udine, Il Conservatorio di musica “J. Tomadini”, la RETE per la Filosofia e gli Studi umanistici, il Comune di Udine. Come le altre iniziative pubbliche della Sezione, è sostenuto dalla Fondazione Crup. In ciascuno dei sei appuntamenti, una domenica al mese da gennaio a giugno, i due relatori, tra cui spiccano filosofi e studiosi di caratura nazionale e internazionale, dialogheranno di volta in volta su testi filosofici classici e contemporanei, in una cornice arricchita da letture ed esecuzioni musicali.
Beatrice Bonato
Presidente Sezione Friuli Venezia Giulia
Società Filosofica Italiana
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Sezione SFI Friuli Venezia Giulia
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